viernes, 27 de octubre de 2017

PREMIOS DE HONOR RELATO/CUENTO -ITALIANO

1°PREMIO DE HONOR
GENNARO - ANTONIA RUSSO - SAN NICOLAS -ARGENTINA


Nella mia memoria cellulare é inciso a fuoco ogni storia, ogni paesaggio, ogni angolo di quel paese, che mio padre ha lasciato in Italia.
Mettere parole alle sue visicitudini non é facile, giá che il cuore a volte ci sorprende con palpiti inusuali, indecrivibili che noon permettono tramutare in parole le senzazioni dell’anima.
Gennaro con y suoi giovani ott’anni e nei tramonti, mi racconta ogni volta passi della sua infancia, della sua gioventú, della sua vita...e quante volte socchiudo gli occhi e lo vedo, li, in quella piazza, caminando alegre, o su la sua bicicletta faccendo biricchinate, giocando nei vigneti….ed i castighi del nonno, cosi severo, come l’ho conosciuto, imponeva continuamente.
Pero conoscendo a mio padre, so bene che il suo volto serio, e rosso, alcuni colpi e penitenze, fanno che il giovane che ho davanti a me non si lascia convincere.
In questo tempo felice, fra risate e maracchelle, pianti e scossoni, a avuto seguito un’epoca molto griggia e triste: la II guerra, che a distrutto molte famiglie, roto molti cuori, ed a mutilato molte anime, quelle dei sopravissuti, lasciando semre nei suoi occhi il colore rosso della sangue rovesciata, nel palato l sapore agrio dei cibi avariati, odore della polvere da sparo, ed il sudore della paura della  morte, a le perdite dello scordare…
Mi é sembrata verídica la scena nella cuale é stato catturato dai Nazi, assieme ad altri paesanii e che in un momento di lucidezza, fra la polvere e la sangue, ha finto d’essere morto, in questo momento misericordioso, lo hanno tirato, insieme ad altri cadaveri in una fossa buia e triste.
Il ventidue di aprile dell’anno quarantanove, é partirto per Napoli, nella nave Portugal, portando da quella terra lontana, la semente che anni piú tardi, la magia della congiunzione del universo permetesse che oggi scriva questa storia: figlia di immigranti, dolori marcchiati a fuoco, nostalgie sagge fin dall’inizio.
L’america, come la chiamano loro, ha offerto la sua cuna, per chi con sforzo e sacrificio, si impadronassero di una nuova vita.
L’italiano aveva una forza incontenibile, nonostante le difficolta dela lingua, dove i Giuseppe erano Cosepe, ed i Giovanni, jovani, peró la sua personalitá forte, non ha permesso che niente di ció potesso oscurare, o intibiare il calore delle sue discussioni, cosi come il fervore del suo lavoro.
Poco dopo, ha conosciuto mia madre, Felicita, i due dello stesso paese, i due con laureola pennellata di azurro smeraldo del mar Tirreno, che unendosi provocano un insolito arcobaleno di senzazzioni, trasmettendole ai suoi figli, qusto amore infinito per la terra cha lasciarono, l’aria tiepida, gli odori del campo, i colori del cielo, e le posita delle rocce….
Il suo lavoro é stato duro: costruire con le sue mani il nostro futuro, rubare hore al riposo, pero, nel mezzo delle sue fatiche, siempre lasciava uno spazio per noi, suoi figli, siamo cresciuti felici, pieni di un amore raro, fra regole ferree, baci, sgridate, e permessi nascosti.
Questa forma di allevarci, fra severa ed amorosa, l’ho capita con il pasarse degli anni, in queste rivissute conversazioninelle quali ci siammo potuti dire tutto: gli ho confessato le mie paure, gli ho rivelato cose cha non mi piacevano nella mia fanciulezza, e davanti
                                                                                                                                             



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 alle sue dolci spiegazioni, c´é stato un accordo comune di pace fra adulti. Ci siamo perdonti mutuamente, per i malintesi, e fin d’ora c’é una specie di sacra confidenza ed amicizia cha va piu in la della finita umanitá.
Il tempo lo ha reso una creatura docile, con occhi di bambino, e sorrisa facile.
Le parole continuano sendo pensione,,,gioco…..corge.

Ogni una delle sue arrughe ha una storia, un desiderioo compiuto, un dolore eternamente incastonato, e la nobile saggezza, che il trascorrere del tempo regala ai vecchi, dandogli insieme a la fragilitá dei suoi corpi, questa luce speciale che gli irradiano ogni volta che ci sediamo al suo fianco, pper sentiré “vecchie e lontane storie…”


2°PREMIO DE HONOR

UN CARO RICORDO- MARIA VITTORIA MASSIMO - MONTREAL  QUEBEC

Nella valigia di tanti anni fa che ho conservato, ho trovato delle lacrime nascoste in una conchiglia, le avevo messe li il giorno della mia partenza, quando ho lasciato con un abbraccio i miei genitori, per venire in Canada.
Quello è stato uno spazio della mia vita molto importante e doloroso, importante perchè seguivo l'amore della mia vita, quello che nel corso degli anni mi ha regalato tante soddisfazioni, una famiglia, dei nipotini, una vita abbastanza serena.
Doloroso perchè lasciavo per la prima volta i miei genitori. Li ho lasciati in lacrime, in quel momento ho preso le loro lacrime, le ho chiuse in quella conchiglia.
In questi anni ho cercato di colorare la mia vita con delle emozioni, con delle lacrime di sofferenza, ogni giorno il mio pensiero costante indeboliva la mia mente, pensavo ai miei, ricordavo quanto amore mi avevano dato dicendomi sempre: sei la mia bambina.
Il loro amore mi avvolgeva, mi faceva sentire protetta, amata, unica.
Avrei voluto restare accanto a loro, per custodirli, invece, ho spiccato il volo verso il Canada dove l'amore di mio marito mi aveva stregata, in questo amore c'era qualcosa di cui non riuscivo a farne a meno.
Mi sono avvolta nei loro abbracci  per sentirmi ancora la principessa dei miei cari.... Oggi 4 maggio 2015 a distanza di quarantasette anni ho riaperto la valigia, mi sono lasciata coinvolgere ancora dalla tristezza con quelle lacrime sparse dei miei cari, lacrime che mi faranno compagnia per il resto della mia vita. Tutto questo è racchiuso in una valigia di cartone, come pegno d'amore per i miei genitori che non ci sono più, loro mi guardano dal cielo,sono certa che continuano a dirmi :ti vogliamo bene bambina mia.

3°PREMIO DE HONOR
L/OROLOGIO DA POLSO - ENRIQUETA NOEMI BORRELLO- MAR DEL PLATA. ARG.

Ero stanco morto, tanto che mi coricai senza spogliarmi. Quando mi svegliai, sentii qualcosa di strano, mi girava la testa. Decisi farmi una doccia. Mi levai l’orologio e lo misi sulla tavola.
Pian piano mi sbotonai la camicia e, allora, vidi il polsino sinistro macchiato di sangue. Nella parte superiore del mio polso, c’erano due piccole incisioni. Che fatto era accaduto? Girai lo sguardo verso il tavolo, presi l’orologio, sconcertato.
Allora lo scoprí. Nel quadrante nero girava soltanto la lancetta dei secondi, le altre due erano sparite. Lo voltai e vidi due buchi. Da lí spuntavano due denti lunghi e brillanti.
             Il mio ultimo pensiero voló verso l’India  e ricordai a Balami, l’incantatore di serpenti a chi gli avevo comprato l’orologio.       



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