GENNARO - ANTONIA RUSSO - SAN NICOLAS -ARGENTINA
Nella mia memoria cellulare é inciso a
fuoco ogni storia, ogni paesaggio, ogni angolo di quel paese, che mio padre ha
lasciato in Italia.
Mettere parole alle sue visicitudini non
é facile, giá che il cuore a volte ci sorprende con palpiti inusuali, indecrivibili
che noon permettono tramutare in parole le senzazioni dell’anima.
Gennaro con y suoi giovani ott’anni e nei
tramonti, mi racconta ogni volta passi della sua infancia, della sua gioventú,
della sua vita...e quante volte socchiudo gli occhi e lo vedo, li, in quella
piazza, caminando alegre, o su la sua bicicletta faccendo biricchinate,
giocando nei vigneti….ed i castighi del nonno, cosi severo, come l’ho
conosciuto, imponeva continuamente.
Pero conoscendo a mio padre, so bene che
il suo volto serio, e rosso, alcuni colpi e penitenze, fanno che il giovane che
ho davanti a me non si lascia convincere.
In questo tempo felice, fra risate e
maracchelle, pianti e scossoni, a avuto seguito un’epoca molto griggia e
triste: la II
guerra, che a distrutto molte famiglie, roto molti cuori, ed a mutilato molte
anime, quelle dei sopravissuti, lasciando semre nei suoi occhi il colore rosso
della sangue rovesciata, nel palato l sapore agrio dei cibi avariati, odore
della polvere da sparo, ed il sudore della paura della morte, a le perdite dello scordare…
Mi é sembrata verídica la scena nella
cuale é stato catturato dai Nazi, assieme ad altri paesanii e che in un momento
di lucidezza, fra la polvere e la sangue, ha finto d’essere morto, in questo
momento misericordioso, lo hanno tirato, insieme ad altri cadaveri in una fossa
buia e triste.
Il ventidue di aprile dell’anno
quarantanove, é partirto per Napoli, nella nave Portugal, portando da quella
terra lontana, la semente che anni piú tardi, la magia della congiunzione del
universo permetesse che oggi scriva questa storia: figlia di immigranti, dolori
marcchiati a fuoco, nostalgie sagge fin dall’inizio.
L’america, come la chiamano loro, ha
offerto la sua cuna, per chi con sforzo e sacrificio, si impadronassero di una
nuova vita.
L’italiano aveva una forza incontenibile,
nonostante le difficolta dela lingua, dove i Giuseppe erano Cosepe, ed i
Giovanni, jovani, peró la sua personalitá forte, non ha permesso che niente di
ció potesso oscurare, o intibiare il calore delle sue discussioni, cosi come il
fervore del suo lavoro.
Poco dopo, ha conosciuto mia madre,
Felicita, i due dello stesso paese, i due con laureola pennellata di azurro
smeraldo del mar Tirreno, che unendosi provocano un insolito arcobaleno di
senzazzioni, trasmettendole ai suoi figli, qusto amore infinito per la terra
cha lasciarono, l’aria tiepida, gli odori del campo, i colori del cielo, e le
posita delle rocce….
Il suo lavoro é stato duro: costruire con
le sue mani il nostro futuro, rubare hore al riposo, pero, nel mezzo delle sue
fatiche, siempre lasciava uno spazio per noi, suoi figli, siamo cresciuti
felici, pieni di un amore raro, fra regole ferree, baci, sgridate, e permessi
nascosti.
Questa forma di allevarci, fra severa ed
amorosa, l’ho capita con il pasarse degli anni, in queste rivissute
conversazioninelle quali ci siammo potuti dire tutto: gli ho confessato le mie
paure, gli ho rivelato cose cha non mi piacevano nella mia fanciulezza, e
davanti
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alle sue dolci spiegazioni, c´é stato un
accordo comune di pace fra adulti. Ci siamo perdonti mutuamente, per i
malintesi, e fin d’ora c’é una specie di sacra confidenza ed amicizia cha va
piu in la della finita umanitá.
Il tempo lo ha reso una creatura docile,
con occhi di bambino, e sorrisa facile.
Le parole continuano sendo
pensione,,,gioco…..corge.
Ogni una delle sue arrughe ha una storia,
un desiderioo compiuto, un dolore eternamente incastonato, e la nobile
saggezza, che il trascorrere del tempo regala ai vecchi, dandogli insieme a la
fragilitá dei suoi corpi, questa luce speciale che gli irradiano ogni volta che
ci sediamo al suo fianco, pper sentiré “vecchie e lontane storie…”
2°PREMIO DE HONOR
UN CARO RICORDO- MARIA VITTORIA MASSIMO - MONTREAL QUEBEC
Nella valigia di tanti anni fa che ho conservato, ho trovato delle lacrime nascoste in una conchiglia, le avevo messe li il giorno della mia partenza, quando ho lasciato con un abbraccio i miei genitori, per venire in Canada.
Quello è stato uno spazio della mia vita molto importante e doloroso, importante perchè seguivo l'amore della mia vita, quello che nel corso degli anni mi ha regalato tante soddisfazioni, una famiglia, dei nipotini, una vita abbastanza serena.
Doloroso perchè lasciavo per la prima volta i miei genitori. Li ho lasciati in lacrime, in quel momento ho preso le loro lacrime, le ho chiuse in quella conchiglia.
In questi anni ho cercato di colorare la mia vita con delle emozioni, con delle lacrime di sofferenza, ogni giorno il mio pensiero costante indeboliva la mia mente, pensavo ai miei, ricordavo quanto amore mi avevano dato dicendomi sempre: sei la mia bambina.
Il loro amore mi avvolgeva, mi faceva sentire protetta, amata, unica.
Avrei voluto restare accanto a loro, per custodirli, invece, ho spiccato il volo verso il Canada dove l'amore di mio marito mi aveva stregata, in questo amore c'era qualcosa di cui non riuscivo a farne a meno.
Mi sono avvolta nei loro abbracci per sentirmi ancora la principessa dei miei cari.... Oggi 4 maggio 2015 a distanza di quarantasette anni ho riaperto la valigia, mi sono lasciata coinvolgere ancora dalla tristezza con quelle lacrime sparse dei miei cari, lacrime che mi faranno compagnia per il resto della mia vita. Tutto questo è racchiuso in una valigia di cartone, come pegno d'amore per i miei genitori che non ci sono più, loro mi guardano dal cielo,sono certa che continuano a dirmi :ti vogliamo bene bambina mia.
Quello è stato uno spazio della mia vita molto importante e doloroso, importante perchè seguivo l'amore della mia vita, quello che nel corso degli anni mi ha regalato tante soddisfazioni, una famiglia, dei nipotini, una vita abbastanza serena.
Doloroso perchè lasciavo per la prima volta i miei genitori. Li ho lasciati in lacrime, in quel momento ho preso le loro lacrime, le ho chiuse in quella conchiglia.
In questi anni ho cercato di colorare la mia vita con delle emozioni, con delle lacrime di sofferenza, ogni giorno il mio pensiero costante indeboliva la mia mente, pensavo ai miei, ricordavo quanto amore mi avevano dato dicendomi sempre: sei la mia bambina.
Il loro amore mi avvolgeva, mi faceva sentire protetta, amata, unica.
Avrei voluto restare accanto a loro, per custodirli, invece, ho spiccato il volo verso il Canada dove l'amore di mio marito mi aveva stregata, in questo amore c'era qualcosa di cui non riuscivo a farne a meno.
Mi sono avvolta nei loro abbracci per sentirmi ancora la principessa dei miei cari.... Oggi 4 maggio 2015 a distanza di quarantasette anni ho riaperto la valigia, mi sono lasciata coinvolgere ancora dalla tristezza con quelle lacrime sparse dei miei cari, lacrime che mi faranno compagnia per il resto della mia vita. Tutto questo è racchiuso in una valigia di cartone, come pegno d'amore per i miei genitori che non ci sono più, loro mi guardano dal cielo,sono certa che continuano a dirmi :ti vogliamo bene bambina mia.
3°PREMIO DE HONOR
L/OROLOGIO DA POLSO - ENRIQUETA NOEMI BORRELLO- MAR DEL PLATA. ARG.
Ero stanco morto, tanto che mi coricai senza spogliarmi. Quando mi
svegliai, sentii qualcosa di strano, mi girava la testa. Decisi farmi una
doccia. Mi levai l’orologio e lo misi sulla tavola.
Pian piano mi sbotonai la camicia e, allora, vidi il polsino sinistro
macchiato di sangue. Nella parte superiore del mio polso, c’erano due piccole
incisioni. Che fatto era accaduto? Girai lo sguardo verso il tavolo, presi
l’orologio, sconcertato.
Allora lo scoprí. Nel quadrante nero girava soltanto la lancetta dei secondi,
le altre due erano sparite. Lo voltai e vidi due buchi. Da lí spuntavano due
denti lunghi e brillanti.
Il
mio ultimo pensiero voló verso l’India e
ricordai a Balami, l’incantatore di serpenti a chi gli avevo comprato
l’orologio.
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