PRIMER PREMIO- CUENTO ITALIANO- CHIAVI
GALLIANO REMO DE AGOSTINI- BUENOS AIRES.
Chiavi
Chi non ha mai trovato
dentro un cassetto in casa un mazzo di chiavi in disuso, nelle loro più
svariate forme? Alcune vecchie e arrugginite dalla usura del tempo, ma pur
sempre avendo condiviso un obiettivo comune: cioè quello di mantenere le porte
chiuse... avendo cura di proteggerci dalla curiosità altrui, sempre disposta a
ficcare il naso nelle più intime e nascoste prudenze. Vecchie chiavi che ancora
oggi sono delle gelose custodi dei nostri tanti tasselli di vita, dei nostri
aneddoti, avvenimenti, rivelazioni o confidenze, tristi o splendide che siano.
Come quelle maestre, indispensabili strumenti per aprire e chiudere accessi
vietati e non sempre concessi. Altre, quelle secondarie o circostanziali,
quelle che non furono proprio tutte necessarie, persino alcune non
riconoscevano la serratura. Comunque, tutte furono, nel loro momento, un
simbolo di potere e possesso, avendo ognuna un senso, un’importanza, un motivo.
Stringo una di loro tra le
mie mani, avverto il suo spessore, la sua solidità e il suo calore... sento che
mi porta al di là delle innumerevoli aperture che con lei feci, sento che mi
inoltra in socchiuse ed immaginarie aperture, verso un ingarbugliato pianeta di
ricordi ... nell’universo delle memorie. D'immediato mi sento a mio agio,
riconoscendo i luoghi e le circostanze. Ci sono un'infinità di chiavi, alcune
chiacchierine tra loro, come delle vegliardi comari che si ritrovano dopo tanto
tempo e sentono la imperiosa e pressante necessità di raccontarsi delle vecchie
e fantastiche storie personali, che non coincidono con la realtà del passato.
Altre, riunite come un succoso grappolo di campanelle allegre e gozzoviglianti
mi fanno sentire il loro suono cristallino, vivace, vibrante e metallico:
Clic clac, clic clac.
Rivedo le più notabili che,
io, docile e rispettoso, consideravo, stimavo e apprezzavo, non solo per le
loro dimensioni, bensì per la specifica gerarchia che esse avevano, come ad
esempio la chiave del porticato della casa del nonno, molto simile a quella del
portale scolpito del Duomo, oppure, anche se di inferiore misura ma non per
questo di minore importanza, quella che la nonna portava appesa al collare,
come fosse una intoccabile e pregiata gioia: era la chiave della dispensa dei
generi alimentari. Averla con sé collocava l’anziana in una posizione di
predominio e di autorità. Io, con i miei
pochi e curiosi anni, mi aggrappavo alle sue lunghe e scure gonne, accedendo
cosi a quel "Santuario",
mentre lei dirigeva un'occhiata di ringraziamento verso l'alto e,
mormorando una giaculatoria, accarezzava con lo sguardo tutto quel ben di Dio
che avrebbe assicurato il cibo per la numerosa famiglia durante l'inverno.
Pure un'altra chiave mi
ossessionò per molto tempo, era quella di una stanza di casa mia dove nessuno
entrava e della quale nessuno parlava, come se non esistesse. Con ingegno e
astuzia ottenni la chiave e, un mattino verso l'alba con essa in mano, arrivai
sino alla soglia; i battiti del mio cuore cavalcavano come destriero rampante,
indugiavo nel mettere la chiave nella toppa... non ebbi il coraggio di
aprirla.
Poi emigrai, senza aver
risolto il mistero. Molti anni dopo ritornai, il tempo e le circostanze
naturali avevano modificato la fisionomia della casa, le persone che mi
potevano informare purtroppo non le trovai più e quelle che sì potevano farlo,
nulla sapevano dei miei ricordi...
Ancor oggi vedo la chiave
del portone della casa del nonno, la chiave della dispensa della nonna, la
chiave della stanza chiusa... e tutte le altre che possedei nell’arco della mia vita. E anche se alcune
mi furono avverse, tutte le altre mi rallegrarono sempre con i loro suoni
cristallini, vivaci, vibranti e metallici:
No hay comentarios:
Publicar un comentario