Dell’anima tu sei il mio caro Borgo.
(A Vitorchiano )
Già si avvertia nel colore più intenso della luce,
nella fragranza del gelsomino e delle rose
un dolce sentire di emozion presago
e nei cuori una strana frenesia.
Mai , mai ci saziavam d’estate.
della stagione dalle vermiglie gote
e fin dal mattino,
quando ancor brillava la rugiada,
si correa nei prati a perdifiato,
a rimirar delle formiche la pazienza,
il suggere dolce di operose api
e poi tuffarsi nelle bionde messi,
ove papaveri setosi e fiordalisi
omaggiavan secolari, dure fatiche.
All’imbrunire, al suon della campana
che dal pittoresco borgo nella valle si stendea,
su sbrecciati gradini a gustar succosi frutti
al sapor di sole e di refoli di vento.
E in ciotole di legno pan bagnato,
insaporito con nettare d’ulivo,
frammisto a foglie d’ odorosa menta.
Alla sera, sotto un ciel d’astri trapunto,
al lume di fiammelle vagabonde,
storie di dame , di cavalieri erranti,
di elfi e di folletti scombinati
e al suon della diletta, paterna voce
su un cuscino di stelle sogni soavi.
Dell’anima tu sei il mio caro Borgo,
parco dei sogni, meraviglia di richiami
al profumo d’infanzia e di magia
e or che in polverosi, algidi inverni
la vita scivola senza far rumore,
imbrigliata in conchiglie di memoria,
il cuor si strugge di straziante nostalgia.
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